Un accordo a 360 gradi tra Belforte e Casalesi per dividersi gli appalti della provincia di Caserta e tenere sotto controllo tutti gli affari milionari su cui poter mettere le mani. E' questa la ricostruzione che il pubblico ministero della Dda Giordano ha provato a fare durante il processo Medea (nell'udienza del giudizio immediato per 10 imputati) interrogando, sul banco dei testimoni, i pentiti del clan Belforte, Bruno Buttone e Giacomo Nocera. In particolare Buttone ha sostenuto di aver incontrato in prima persona, a San Cipriano, Antonio Iovine e Michele Zagaria, durante il periodo della loro latitanza, coi quali aveva stipulato un accordo di massima: i Casalesi avrebbero ottenuto gli appalti tramite propri imprenditori e poi avrebbero fatto lavorare in sub appalto le ditte del clan Belforte. Un'intesa che, secondo il quadro accusatorio, sarebbe stata stabilita tramite gli imprenditori Fontana di Caserta (ma originario di Casapesenna) e Pasquale Lombardi di Marcianise (non imputato in questo processo, ma coinvolto in un altro filone d'inchiesta). Nel corso del 'contro interrogatorio' dall'avvocato Mariano Omarto, però, Buttone ha sottolineato come Lombardi sia stato solo il tramite per avvicinare Fontana e che l'incontro è avvenuto senza la presenza dell'imprenditore di Marcianise.